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16 dic 2023 – “I nuovi OGM sono sicuri come ci raccontano? NGT: quali rischi e quali controlli?”

Si parla delle NGT, New Genomic Techniques, le nuove tecniche dell’ingegneria genetica. Le multinazionali vogliono sganciare da ogni valutazione del rischio, controllo ed etichettatura (come previsto dalla attuale Direttiva 2001/18/CE che regola gli OGM) i prodotti ingegnerizzati con tali tecniche. Introducendo sul mercato organismi sui quali non sono stati fatti sufficienti studi e ricerche, il rischio è che possano avere in seguito effetti negativi per l’ambiente e per la salute. Se ne discuterà a brevissimo, a gennaio 2024, al Parlamento Europeo in seduta plenaria.
Ringraziamo gli ospiti intervenuti: Francesco Panié del Centro Internazionale Crocevia, la genetista agraria Elisa d’Aloisio, Cristina Guarda – Consigliera Regione Veneto, Filiberto Zaratti, deputato Europa Verde al Parlamento italiano.

1-2 dicembre 2018 Corso di autocostruzione di case in balle di paglia, legno, calce e terra cruda presso il centro di permacoltura La Boa, vicino a Portogruaro (VE)

Sono tornato ieri dalle campagne di Portogruaro (VE) dove si è svolto presso il centro di permacoltura La Boa il corso sull’autocostruzione di case in balle di paglia, legno, calce e terra cruda.
Il corso è durato due giornate ed è stato teorico, ovvero l’obbiettivo era dare una panoramica sull’argomento per chi avesse un’idea di costruire una casa del genere.
Le case in balle di paglia, legno, calce e terra cruda vengono chiamate nei modi più svariati con termini vaghi come ecologica, bio, sostenibile: alla fine però si tratta concretamente di case “a pianificato risparmio energetico”.

Queste case non sono un vezzo bucolico: sono case che, se fatte scientemente, hanno un progetto dietro che mira a ottimizzare l’uso dell’energia, soprattutto quella fornita gratuitamente dalla Terra: energia solare, eolica, termica, cercando di non sprecarne inutilmente.

Se costruite a partire dalle fondazioni, queste case dovranno ad esempio:

– esser posizionate in modo da sfruttare al massimo l’inclinazione dei raggi solari, considerando le stagioni, per essere riscaldate (viene così chiamata casa solare passiva);
– eventualmente, attraverso parti costruite in vetrate che si possono attaccare alla casa (esse son spesso chiamate serre bioclimatiche) sfruttare l’effetto del calore per riscaldare maggiormente la casa o per creare un orto riscaldato.
– creare un sistema di riscaldamento che sia il più possibile ben studiato (esempio: una cucina termica a legna che crea calore per cucinare, per l’acqua calda della lavatrice, lavastoviglie sanitari e i cui tubi, passando nelle pareti, riscaldino direttamente la casa).

Queste case non sono chi sa quanto più economiche di una casa convenzionale: il fatto è che si può risparmiare se alcune parti vengono fatte in autocostruzione e se si fa un buon progetto per il riscaldamento della casa. Diciamo che è una casa che può costare un 15-20% in meno di una convenzionale, che poi darà (se fatta bene) irrisori costi di gestione e di manutenzione.
Le balle di paglia in sé non costano molto, ma nella scelta considerate che le dovrete acquistare da qualche agricoltore e che dovrete riconoscere il giusto prezzo al lavoro che costui ha fatto, raccogliendo la paglia, creando le balle e stoccandole all’asciutto nel pagliaio.

Le case in paglia sono costruite con materiali naturali, più traspiranti. Cosa interessante: ci si preoccupa spesso che la casa sia protetta dall’umidità esterna, ma l’umidità è soprattutto creata dalla vita all’interno della casa. Ossia, se la casa è costruita con materiali e tecniche che la fanno assomigliare ad un sacchetto di plastica, al suo interno si creerà la condensa e l’umidità produrrà la muffa e via dicendo.

Altra cosa importantissima: scegliere il progettista e la ditta che probabilmente dovrà svolgere i lavori. Molti architetti o ingegneri non hanno nessuna specifica formazione sulle case in paglia, semplicemente seguono il mercato e spesso si improvvisano.
Quindi bisogna esser certi che il tale progettista abbia una reale conoscenza dei materiali, che abbia fatto vari corsi, che abbia già costruito molte case in paglia e che queste siano realmente state fatte a regola. Alcuni architetti si sono lanciati nell’organizzazione di corsi sulle case in paglia dopo aver appena letto qualche libro. Attenzione, dunque.
Lo stesso discorso per le ditte di costruzione: queste lavorano con il cemento e quindi agiscono con quella impostazione mentale. Inoltre lavorano per sbrigarsi, per finire presto i lavori. La realizzazione di un progetto va seguita, bisognerebbe controllare i lavori della ditta (anche se per legge in cantiere nemmeno il committente potrebbe entrare). E comunque, cosa vorrete mai controllare se non sapete come si costruisce una casa di paglia?? Perciò, qualora voleste lanciarvi in questa avventura, fatevi prima dei corsi per imparare a livello teorico e pratico e come si deve costruire una casa del genere. Imparerete sia cosa va fatto ma anche, aspetto non meno importante, che cosa va evitato!
Errori di costruzione potrebbero crearvi successivi problemi di efficienza energetica o magari potrebbero farvi marcire le balle di paglia.

Concludendo: costruirsi una casa di paglia è uno sforzo in più rispetto al costruirsi o comprarsi una casa convenzionale.
Dovete avere idee abbastanza chiare, pazienza e affidatevi a professionisti la cui esperienza nel settore delle case di paglia sia veramente certa e verificabile.

Stefano Antonelli

 

Open Scope e i RAEE in Italia: opportunità o problema? Articolo di Federico Lucchesi – 18 dicembre 2017

I RAEE sono rifiuti di AEE (Apparecchiature Elettriche ed Elettroniche)

Articolo tratto da:  http://nonsoloambiente.it/economia-circolare/rifiuti/open-scope-e-i-raee-in-italia/

Nel 2018, con l’ingresso di Open Scope, crescerà il volume delle AEE, comportando un considerevole aumento dei rifiuti annessi. La scarsa chiarezza normativa potrebbe rallentare un’importante opportunità per l’economia circolare?

Da oltre 3 anni, il 15 agosto 2018 è una data cerchiata in rosso sul calendario di chi opera nel settore energetico e in quello dei rifiuti. Era il 14 marzo 2014 quando veniva emanato un decreto legislativo (49) che attuava la direttiva europea 19/2012, finalizzata a regolamentare i rifiuti delle apparecchiature elettriche ed elettroniche, i cosiddetti RAEE, con una novità: l’ampliamento del target.

Fusibili, spine, morsettiere, prolunghe, un po’ tutti quei piccoli dispositivi elettronici o elettrici per cui la legge non prevede un’esclusione scritta, si andranno ad affiancare ai grandi e piccoli elettrodomestici, ai computer, agli schermi di televisori o tablet e così via. In sostanza, le Apparecchiature Elettriche ed Elettroniche considerate tali raddoppieranno. E di conseguenza raddoppieranno anche le scorie.

Tale ampliamento viene denominato Open Scope, sistema aperto. E con sé porterà nuovi obiettivi, che al momento, nonostante un trend di gestione dei RAEE in crescita, sembrano decisamente proibitivi per l’Italia.

Quelli elettronici sono una tipologia di rifiuti che di per sé, complice lo sviluppo tecnologico e la sempre più capillare diffusione di dispositivi e parti elettriche negli oggetti d’uso quotidiano pubblico e privato, crescono più velocemente rispetto ai tradizionali. Nel biennio immediatamente successivo al decreto 49/2014, l’Italia superava brillantemente il primo obiettivo posto dall’Europa: raccogliere almeno 4kg pro-capite entro il 31 dicembre 2015.

Tuttavia, da gennaio 2016, si stimava che la raccolta dei RAEE raggiungesse a stretto giro il 45% dei prodotti introdotti sul mercato nei tre anni precedenti. L’Italia, a quasi due anni dalla stipulazione di tale obiettivo, è poco al di sopra del 40%. Non è tutto. Entro il 2019, il tasso minimo di raccolta stabilito dall’UE dev’essere pari al 65% del peso medio delle AEE messi in circolazione tra il 2016 e il 2018. Una sfida che ancora bisogna capire come vincere.

Eppure i RAEE fondamentale non soltanto per l’ambiente, ma anzitutto per l’economia nazionale. Nel 2015, il risparmio sull’acquisto di materie prime, evitato grazie al recupero dei materiali contenuti nei RAEE, seguendo un’ottica di economia circolare, è stato di circa 120 milioni di euro annui. Se si riuscisse a raggiungere i target dell’UE, si arriverebbe a un risparmio annuo di 390 milioni nel 2025. Nello stesso anno, secondo Remedia, le emissioni di gas serra, che grazie alla corretta gestione dei RAEE si riducevano di 1,1 milioni di tonnellate equivalenti nel 2015, calerebbero di 2,5 tonnellate.

Non bisogna inoltre tralasciare un dettaglio: l’industria dell’elettronica è in crescita. Seguendo i dati previsti dall’Ue per lo sviluppo di economia circolare nel nostro Paese, tra il 2025 e il 2030 i consumi del settore aumenteranno del 50%. Si prevedono circa quindicimila nuovi posti di lavoro. A patto che tutto funzioni correttamente, l’effetto incrociato dello sviluppo industriale e della direttiva europea rappresenta un’opportunità da sfruttare.

Tuttavia, come spesso accade, gli incentivi a lungo termine sembrano perdere di valore in una società che, a partire dalla sfera politica, dà un peso eccessivo al presente, che sia un mandato o un obiettivo economico da raggiungere nell’immediato. Tutto e subito. E il presente, in questo caso, si traduce in oneri superiori. Il cambio di normativa interesserà 7000 nuove aziende che si troveranno coinvolte. Produttori, importatori e distributori di RAEE sono chiamati, secondo la legge di recente aggiornamento, a organizzare, finanziare e recuperare i nuovi RAEE. In sostanza, a gestire il sistema. E le sue spese.

Considerando le scadenze della direttiva, nonché la portata del cambiamento, anche in termini di processi industriali, e conseguente adeguamento, dell’intero settore, sarebbe stato opportuno auspicare una celere chiarezza riguardo alla stessa. Invece, a distanza di 3 anni e mezzo dal 49/2014, la situazione è ferma al dibattito. Siamo ancora al confronto, al capire chi e cosa sarà interessato dalla normativa, al definire i confini della sua applicazione. Per la quale, tra l’altro, l’Europa stessa non è ancora così chiara in termini di responsabilità delle aziende puramente operative in ambito e-commerce.

Poco tempo. Obiettivi lontani. La sensazione è che la direttiva europea venga percepita come un problema, quando potrebbe invece essere un’opportunità economica e occupazionale. Ma c’è ancora margine perché diventi una svolta positiva in grado di dare nuovo vigore all’economia circolare dei rifiuti.

Laghetto Snia a Largo Preneste o una bella colata di cemento?

TESTO PROVENIENTE DAL SITO:

http://www.exsnia.it/comunicati/2013/lago-per-tutt-cemento-per-nessun-domenica-10-novembre/

https://i2.wp.com/www.exsnia.it/wp-content/uploads/2013/11/evento-fb1.jpg?w=474

 

CON UNA CANOA NEL LAGO CONTRO LA SPECULAZIONE

Domenica 10 novembre 2013, nel corso dell’iniziativa “Visita guidata all’ex-Fabbrica, al Parco delle Energie e al laghetto Ex-Snia”, a più di 200 abitanti è stata negata la visita guidata a quella parte di fabbrica della Snia Viscosa ed al lago, già di proprietà pubblica.

Con una canoa abbiamo conquistato il centro del lago e ci siamo riappropriati di quello che ci spetta, rivendicando il diritto di accedere all’area del laghetto

L’intera area è destinata da piano regolatore a verde pubblico e servizi e sarebbe dovuto essere già parco; risulterebbe che un quarto è già stato espropriato per l’ampliamento del Parco delle Energie verso Casal Bertone, la proprietà ha fatto finta di non saperne nulla, e ha chiuso gli accessi impedendo il passaggio come servitù, ma non solo…

Dopo lo scorso 12 ottobre, quando un folto gruppo di abitanti era già sceso al laghetto, la proprietà ha illecitamente sbancato il pendio confinante con il parco mettendo a rischio l’intera pineta sovrastante e ha realizzato una discesa al lago per lo scarico dei materiali disboscando una parte di riva.

Il Parco delle Energie e il laghetto sono l’unico fazzoletto di verde già sottratto da venti anni alla speculazione edilizia, in un territorio tra i più densamente abitato d’Europa e con il minor tasso di verde pro capite, soffocato dal traffico e dalle infrastrutture, con un altissimo grado d’inquinamento dell’aria.

Oggi una nuova speculazione nell’area, ad opera del già noto palazzinaro Pulcini, vuole aggredire ulteriormente il territorio, cancellando per sempre il lago e il suo habitat, con il progetto di realizzazione di 4 torri di 30 piani ciascuna, alte più di 100 metri che poggeranno su tufo e sedimenti fluviali incoerenti… Inoltre questo comporterà la colata di centinaia di metri cubi di cemento per nuovi insediamenti abitativi ed un aumento dell’inquinamento ambientale (polveri sottili, smog, particolato,…) ed acustico.

I complici della speculazione, responsabili negli anni di questo scempio, sono:

– L’amministrazione Veltroni, che non porta a compimento la procedura di esproprio, dando a Pulcini il tempo di presentare e vincere il ricorso al Tar contro il provvedimento di demolizione dei resti del centro commerciale abusivo mai terminato.
-Il Comune di Roma che non fornisce ai giudici del TAR elementi essenziali per confermare la demolizione completa.
-La giunta Alemanno che ha indetto il bando per riedificare le ex zone industriali e ha permesso al costruttore Pulcini di presentare il progetto “delle torri”…
-La Polverini che con la legge regionale sul Piano casa aumenta le cubature edificabili e tenta di raggirare i vincoli sulle aree protette.
-Il rettore Frati, che appena insediato, affossa il progetto di realizzazione del Campus scientifico nell’area dell’ex-fabbrica rinunciando all’acquisizione dell’area da parte de La Sapienza.
-La giunta Municipale dell’ex VI Municipio che già dal 2012 era a conoscenza del progetto e non ha fatto nulla per renderlo pubblico ed ostacolarne l’iter.

Oggi, con una canoa abbiamo conquistato il centro del lago e ci siamo riappropriati di quello che ci spetta, rivendicando il diritto di accedere all’area del laghetto, patrimonio naturalistico che appartiene a tutto il territorio con l’auspicio che tante altre canoe e vele possano solcare quelle acque. Durante l’assemblea seguita alla visita guidata, si è deciso di creare tre primi gruppi di lavoro (legale, urbanistico e naturalistico) che valuteranno tutti gli strumenti per fermare questo progetto.
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Le Brigate Verdi hanno preso parte a questo evento. La mattina hanno  partecipato alla pulizia di una parte dell’area da cui si ha la visuale sul laghetto e poi, insieme ad altre persone, hanno espresso  la volontà di non volere altro cemento nella zona di Largo Preneste, bensì di auspicare la realizzazione di un parco e il mantenimento del laghetto naturale dentro l’area dell’Ex-Snia Viscosa.
Pulizia per avere la visuale sul laghetto Da Sx: Andrea Caggese, Stefano Antonelli, Sarah Menouer
Pulizia per avere la visuale sul laghetto Da Sx: Andrea Caggese, Stefano Antonelli, Sarah Menouer
Laghetto, guardando in direzione di Largo Preneste
Laghetto, guardando in direzione di Largo Preneste
Laghetto, guardando in direzione di Via di Portonaccio/Via Tiburtina/discoteca Qube
Laghetto, guardando in direzione di Via di Portonaccio/Via Tiburtina/discoteca Qube